Dopo la seconda puntata de Le Tre Rose di Eva, possiamo dire che la nuova serie tv di Canale 5 sembra funzionare.
Funziona dal punto di vista degli ascolti: la scorsa settimana ha raccolto davanti al teleschermo oltre 5,1 milioni di spettatori e ieri sera poco meno. Dati eccellenti se si guarda i risultati delle recenti fiction Mediaset.
Ma la fiction funziona anche dal punto di vista della scrittura. La storia sembra non cedere troppo alla soap opera arrivando a sfiorare alcuni caratteri del genere “saga familiare”.
La storia non ha troppe pretese e per questo non delude. Il cast è formato da grandi nomi che negli anni hanno fatto affezionare il pubblico di Canale 5 con le soap o con le fiction.
Se talvolta i dialoghi sono un po’ troppo banali, la storia c’è ed ha almeno due grandi pregi che la distanziano dalle fiction italiane e la avvicinano agli ottimi prodotti seriali americani.
Innanzitutto, la serie, almeno per quello che abbiamo visto finora, non è didascalica come molti prodotti italiani: non ha la pretesa (o forse la supponenza) di voler spiegare al pubblico ogni minimo passaggio ma ritiene che lo spettatore sia maturo e quindi capace di capire i meccanismi della trama anche se non pedagogicamente e pedissequamente spiegati.
Altro elemento positivo è la scelta di non tratteggiare dei personaggi manicheisticamente divisi tra buoni e cattivi. I protagonisti della serie non sono disegnati grossolanamente e non sono separati nettamente in positivi e cattivi. Il loro carattere è caratterizzato in una forma più dinamica rispetto alla tipologia dei personaggi delle serie italiane.
Ci sono personaggi che potremmo giudicare in modo negativo ma che compiono azioni che aiutano “l’eroe” e viceversa. Questo fa sì che la storia non sia troppo prevedibile e la voglia di scoprire i misteri che avvolgono la “guerra del vino” aumenta.
Insomma, non ci troviamo di fronte a Dallas o Dinasty o Uccelli di Rovo ma siamo anche molto distanti da una certa mancanza di originalità che è l’usuale limite dei prodotti italiani…
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