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Extreme Makeover Home Edition: differenze tra Italia e Usa

alessia-marcuzzi_extreme-makeover-home-editionNegli Stati Uniti Extreme Makeover Home Edition è stato un successo per un decennio, mentre in Italia il format fatica ad imporsi, fermandosi poco sopra i 3 milioni di spettatori. 

In questo caso, a differenza di quanto abbiamo fatto con Grande Fratello, non ci sentiamo di criticare la conduzione della Marcuzzi: Alessia è sicuramente la miglior scelta per questo genere di format.

A far la differenza sono piuttosto le diversità tra la società americana e quella italiana.

Partiamo dal primo aspetto, quello pratico: il diverso tipo di “urbanizzazione” tra il Belpaese e gli USA. Oltreoceano, gran parte delle persone, specialmente nelle città di provincia o nei sobborghi metropolitani, vive in case indipendenti, terra-tetto con giardino costruite su un appezzamento di terreno di proprietà. Gran parte di noi italiani vive invece in palazzi o in condomini. Questa tipicità italiana (insieme alla nostra pachidermica burocrazia) rende difficile la ricostruzione di una casa da cima a fondo e, infatti, nella versione italiana si opta spesso per la costruzione completa di una nuova abitazione su un terreno libero. Ciò fa però venir meno l’effetto trasformazione e il confronto tra il “prima” e il “dopo” perde di senso. Inoltre le case americane sono, per la gran parte, costruite in legno e non in cemento armato: con meno investimenti si ottengono risultati più strabilianti! E comunque nel pubblico italiano sorge inevitabilmente l’incubo del “e poi?”: dopo che una famiglia “meritevole” (leggasi “bisognosa”) ottiene una nuova enorme casa chi ci pensa a pagare Imu-Tasi-Tares o come caspita si chiama?

La seconda differenza risiede nella diversa visione culturale tra Stati Uniti e Italia: nel paese a Stelle e Strisce la ricostruzione della casa da parte della “televisione” viene vista come una seconda opportunità, come una nuova nascita per poter ripartire verso “il raggiungimento della felicità” (“the pursuit of happiness”, come recita la Dichiarazione di Indipendenza), come uno slancio per provare ancora a rincorrere il “sogno americano”. In Italia, invece, viene vista come un paternalistico atto di carità che arriva dalla tv, laddove non può arrivare dallo “stato” (purtroppo la nostra cultura è irrimediabilmente statalista…)

Sul Corriere della Sera di stamani, è Aldo Grasso a descrivere piuttosto bene tale aspetto divergente tra le due versioni del format:

«Extreme Makeover» ha funzionato tanto bene negli Usa perché ha intercettato e rappresentato i miti della palingenesi, della possibilità di ripartire da zero e ricominciare, che sono molto connaturati alla cultura americana. […]. La versione italiana ci costringe a fare i conti con sventure a noi più prossime e, con tutto il rispetto per i partecipanti, trasmette il senso di un emotainment deprimente: per arrivare al lieto fine è necessario passare da una lista di sventure che la tv in pieno spirito paternalistico riscatta non prima di averle esibite.

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