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Masterpiece, la parola alla critica

Masterpiece è il nuovo talent letterario di Rai 3. La prima puntata, andata in onda domenica 17 novembre 2013 in seconda serata, è stato visto da solo 689.000 spettatori col 5.14% di share. 

Vediamo cosa pensano del programma alcuni critici televisivi. Aldo Grasso, sul Corriere della Sera, esordisce così:

Andrea Vianello, direttore di Rai3, in vita sua deve aver sentito troppa Radio3 [canale radio che propone anche la lettura dei grandi classici letterari, NdTuttoTv.info], altrimenti un simile programma sull’editoria non gli sarebbe mai venuto in mente. Come se non ci fossero già troppi aspiranti scrittori. Come se gli scrittori non superassero di gran lunga i lettori.

E poi l’affondo vero e proprio:

«Masterpiece» è la cosa meno televisiva che si possa mettere in scena: i manoscritti non hanno volto, la lettura dei medesimi è imbarazzante e i tre giudici si prendono troppo sul serio (Rai3, domenica, ore 22.58). Non si pretende cultura, ma un po’ di gestione del linguaggio tv, tipo Maria De Filippi, non guasterebbe.

Il giudizio sul conduttore, Massimo Coppola, è altrettanto netto: “plumbeo e moraleggiante”.

Mood negativo anche nel pezzo di Elisabetta Ambrosi per Il Fatto Quotidiano:

la sceneggiatura [é] infarcita di luoghi comuni sulla scrittura (“un viaggio mitologico e immaginifico”, “creatività e tormento in bilico tra autoironia e sofferenza” e così via), fino a metà della puntata, con le prove di racconto, nessuno capirebbe, tra le lacrime dei concorrenti che raccontano malattie e sciagure stile “La vita in diretta”, che siamo in un reality letterario.

Anche Il Fatto Quotidiano torna sul solito punto:

il problema di Masterpiece è che, a differenza delle mutande del Grande Fratello, delle fritture delle Cucine da incubo, delle cosce delle candidate dei concorsi di bellezza, delle voci dei cantanti, un romanzo non lo puoi vedere, sennò la scrittura non si chiamerebbe scrittura. E infatti il programma annoia mortalmente e il televoto non c’è, perché il libro l’hanno letto solo loro.



Molto puntuali le critiche mosse da Stefania Carini su Europa:

Masterpiece è assenza di scrittura applicata a situazioni oltre il ridicolo. Non c’è costruzione, le regole base dei talent sono copiate solo nel loro aspetto esteriore. Non bastano giudici e prove e confessioni per creare narrazione e pathos ed emozione. Tanto per intenderci, in fase selezione ai giudici manca pure una forte originale frase refrain, tipica in ogni talent.

E ancora:

Manca infine l’elemento centrale di ogni talent, e di ogni racconto: l’idea di cambiamento. Qui l’aspirante scrittore si presenta già come mondo chiuso e finito, con tanto di romanzo concluso che se vincerà verrà pubblicato. Dove sta l’idea di materiale grezzo personale e professionale che si forma grazie all’esperienza talent?

Per chiudere vogliamo riportare un Dagoreport del sito Dagospia. Non è una critica televisiva ma è interessante leggerlo:

Alcune domande su ‘’Masterpiece”. Sarebbe interessante capire perché se è vero che si è trattata di un’idea di Andrea Vianello, così come detto in conferenza stampa e sul “Corriere”, non sia stata prodotta internamente. E’ stata fatta una gara d’appalto come prevede la legge per assegnare la produzione esterna a Freemantle? E’ un caso il fatto che il vincitore potrà pubblicare il suo romanzo con Bompiani (gruppo Rcs) visto che Freemantle è di Lorenzo Mieli, figlio di Paolo, presidente di Rcs Libri? Anche per scegliere l’editore è stata fatta una gara o siamo davanti a una MasterMarketta a Freemantle e Rcs?

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