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La7: stop all’ambizione generalista, resta solo la politica

La missione di rendere La7 una rete generalista è fallita o quantomeno rimandata. La delicata operazione di vendita, la crisi economica, i bassi ascolti (specialmente nell’intrattenimento), o forse l’incapacità di fare prodotti leggeri e di successo, fanno arrendere La7. Almeno per ora, va in soffitta l’aspirazione generalista, la rete torna quello che era: politica, informazione, talk show impegnati e satira militante. 


La cancellazione del Cristina Parodi Live, forse più che il contemporaneo arrivo del nuovo ad Marco Ghigliani, segnano uno spartiacque imponente nella storia dell’identità di La7.

Ripercorriamo per sommi capi la storia della rete. Il canale di Telecom Italia Media ha veleggiato per anni attorno al 3% di share con pochi elementi identitari e riconoscibili: c’era Otto e Mezzo di Ferrara e Lerner (e poi Luca Sofri e Ritanna Armeni); c’era ancora Gad con L’Infedele; c’era poi il bravo Antonello Piroso. Ma niente che sia stato veramente incisivo nel panorama televisivo.

La svolta c’è stata con l’arrivo di Mentana, gli ascolti del Tg e delle trasmissioni di informazioni si sono impennati. Il telegiornale, nei giorni caldi delle dimissioni di Berlusconi (13 mesi fa ma sembra passato un secolo), raggiunse picchi del 10% di share. Sono arrivati poi, con buoni risultati, Corrado Formigli e Michele Santoro.

Ma… niente di nuovo sotto il sole: la rete dimostrava la propria forza solo con programmi di informazione e politicizzati. Per fare il salto di qualità e diventare un rete generalista serviva però altro (lo abbiamo ripetuto all’infinito in questo blog). Era necessario misurarsi col genere intrattenimento e rinforzare un daytime per anni inesistente.


E dunque, seguendo questa linea, prima sono arrivati programmi minori (SOS Tata, Cuochi e Fiamme) ma soprattutto Benedetta Parodi, Geppi Cucciari e poi Cristina Parodi. Ma quelle che dovevano essere le punte di diamante di un daytime ad alto tasso di entertainment si sono rivelati dei flop. Le trasmissioni delle tre signore di La7 si sono fermate attorno al 2/3% di share. Perchè? Abbiamo discusso a lungo i possibili motivi della poca presa sul pubblico delle loro trasmissioni. G’Day e Cristina Parodi Live sono prodotti buoni e ben confezionati ma forse inadatti alla loro collocazione. Magari a non funzionare è la “cornice” di La7: troppo spesso, tutto pare troppo snob per il pubblico del daytime, quella che che un tempo veniva definita la “casalinga di Voghera”, o la “comare Cozzolino” (citazione Barbara d’Urso), o il pubblico femminile giovane e intraprendente che preferisce l’egregio “teatro dell’arte” di Maria De Filippi.

La7 non è riuscita a costruirsi un pubblico fedele, forse per mancanza di identità di rete. Il prime time politico funziona perchè ha intercettato un target specifico:

un pubblico centrale/maturo, prevalentemente maschile, ad alta scolarità. Insomma, cinquantenni che leggono i giornali. (fonte Gregorio Paolini, Glenville)


Nel daytime sono dolori… Le “mogli” di questi “cinquantenni che leggono giornali” non sono riuscite ad identificarsi nella proposta di La7.

Ma, specialmente in tempo di crisi e in fase di vendita, le sperimentazioni che non rendono in termini di ascolto devono essere tagliate (se oltretutto sono molto costose). E così La7 ha alla fine deciso un taglio di 25 milioni di euro al palinsesto. Scrive Milano Finanza di oggi:

Il taglio riguarda in particolare il programma di Cristina Parodi, costato 11,7 milioni, e le trasmissioni di Geppi Cucciari (10,9 milioni) e dello chef Gianfranco Vissani (2,4 milioni).

Con il taglio di Geppi e di Cristina Parodi, La7 rimane sguarnita della programmazione di daytime (unica superstite la Parodina con I Menù di Benedetta).


Questa sembra una vera e propria resa da parte di La7. L’intrattenimento e il daytime non ha funzionato e così si decide di puntare solo sul prime time a sfondo politico e informativo. Un retromarcia nel percorso per diventare generalista. Scrive ancora Gregorio Paolini:

il daytime, che è risultato discrasico rispetto alla vocazione prevalente de La7, quella a ispirazione mentaniana: un canale che fa della narrazione della realtà il suo atout. In parole povere, sarà una all news di lusso, con molti talk e con la comicità in grado di intercettare lo stesso pubblico.

Questa “ritirata” nella politica, darà i suoi buoni frutti nei prossimi due mesi. La campagna elettorale catalizzerà l’attenzione sull’informazione. Ma poi, a Marzo? Chi comprerà La7 dovrà mettersi in testa che dovrà ricominciare a fare televisione a 360 gradi…

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