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Il Molo Rosso, dal 3 aprile su Rai2

molo-rossoIl Molo Rosso la nuova creatura di Alex Pina, ideatore della serie La casa di carta, andrà in prima visione assoluta su Rai2 in prima serata, a partire da mercoledì 3 aprile 2019 alle 21.20. 


“La casa de papel” non era ancora diventata un successo planetario e già Alex Pina stava scrivendo questa nuova serie destinata ad aggiungere un altro capitolo alla “complex tv” di matrice europea. Al suo fianco, la sceneggiatrice Esther Martinez Lobato e il regista Jesus Colmenar, entrambi già al lavoro su “La casa di carta”, ma soprattutto di Alvaro Morte, il Professore.

Se ne La casa di carta a far da pretesto è il “colpo grosso”, derivato dal canone cinematografico, che racconta – in trasparenza – le contraddizioni e le violenze dell’economia finanziaria, ne “Il molo rosso” il punto di partenza è il classico triangolo amoroso attorno al quale ruotano i misteri delle relazioni sentimentali. Il denaro è sostituito dal sesso. Di conseguenza, così come la feroce critica al valore della moneta era il dispositivo per mettere in crisi le certezze di un sistema economico che ha prodotto disuguaglianza e miseria, la nuova serie fa esplodere la forza dirompente della sensualità per mettere in discussione il politicamente corretto, intacca la granitica omologazione sociale che crede accettabili solo le relazioni convenzionali, quelle sempre prevedibili, mai destabilizzanti per il sistema, e tenta di non vedere l’ombra che si muove assieme ai nostri corpi, l’anomalia latente che accompagna l’apparente normalità delle vite vissute.

Sul molo del titolo viene trovato il cadavere di Oscar, Alvaro Morte, lo vedremo solo nei flashback che scandiscono la vicenda. Sua moglie, Alejandra, che ha appena concluso un importante affare immobiliare, sa che suo marito è all’estero, ma viene svegliata nel cuore della notte e invitata a recarsi in una riserva naturale, appena fuori Valencia, per identificarne il corpo.

Tutto fa pensare a un suicidio. Ma, naturalmente, ci sono note dissonanti. Oscar ha un’unghia laccata di blu e tra i suoi effetti personali c’è un secondo smartphone che rivela una doppia vita. Alejandra scopre così la lunga relazione che Oscar ha avuto con Veronica, dalla quale è nata una figlia che ha 8 anni.


Questo incipit potrebbe portare a un disvelamento, a uno scontro tra le due donne, la verità verrebbe apertamente dichiarata e se divampassero rabbia e dolore finirebbero le falsità e il conflitto verrebbe azzerato. Ma c’è l’unghia blu e, soprattutto, c’è la selvaggia fisicità di Veronica, la sua passione ampiamente documentata dalle foto e dai video di Oscar.

In Alejandra scocca una scintilla, si accende l’inquietudine, il perturbante entra in scena, l’eros tocca l’ordine della ragione e produce nuova linfa, induce a cambiamenti, fa esplodere il gioco della vita.

Alejandra decide di interpretare, come Oscar, un nuovo ruolo, entra nell’esistenza di Veronica sotto mentite spoglie, va a vivere con lei, vuole conoscerla, e mentre cerca di capire cosa rappresentava per Oscar, viene sedotta dalla sua sensualità. L’insopprimibile desiderio di scoprire perché tutto ciò è accaduto, la porta a riscoprire se stessa; la frequentazione della laguna, i suoi orizzonti aperti, i bagliori di una luminosità pervasiva fanno affiorare la propria parte nascosta. Alejandra comincia a fare i conti con la sua ombra e a farsi bagnare dai colori caldi della vita. Alle luci della città, alla freddezza del vetro e del metallo, si contrappongono le sfumature morbide dell’acqua, la modernità di Valencia è l’opposto dei paesaggi primitivi dell’Albufera. Veronica è parte integrante di una natura incontaminata e Alejandra vi si immerge abbandonando la cultura metropolitana e le sue inibizioni, tutto quello che l’amante di Oscar fa o dice rimanda a un erotismo pervasivo, è un irresistibile inno alla libertà e all’anticonformismo.

Amore e morte, secoli di inconscio occidentale, precipitano in una serie curatissima nella scrittura, patinata e senza sbavature nella fotografia e caratterizzata da una grande sensibilità nella direzione di un cast, quasi tutto femminile, che sostiene con bravura la stratificazione di senso che si sedimenta e pian piano cattura in un crescendo di intensità e sorprendenti rivelazioni.

La prima serie, alla fine, ci lascia in una dimensione sospesa, su quel molo da cui tutto è cominciato o, forse, è finito, e che, psicanaliticamente, allude a un’incursione ambiguamente maschile che penetra il ventre liquido della femminilità.

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