Qualche giorno fa il Cda della Rai ha deliberato che da aprile il tetto retributivo di 240 mila euro annui sia esteso anche alle risorse artistiche. Da quel momento in molti, specialmente gli artisti che hanno contratti ben più cospicui di tale cifra, hanno cominciato a stracciarsi le vesti e per non apparire troppo avidi hanno giustificato le loro rimostranze dicendo che così la Rai uscirebbe dal mercato.
Vero. Con tale tetto retributivo, gli artisti più illustri potrebbero fuggire verso altri lidi dove il loro lavoro viene meglio retribuito. Quello che però sorprende è che tali signori non si rendono conto che la Rai è già fuori dalle regole del libero mercato in quanto finanziata da una imposta sui cittadini.
Noi di TuttoTv.info non siamo soliti scandalizzarci dei compensi milionari delle star: crediamo nel libero mercato e nella determinazione di prezzi e compensi all’interno di una libera contrattazione tra privati. Il problema in questo caso è a monte, e risiede nel fatto che la Rai sia un’azienda pubblica (99,56% di azioni al Ministero dell’Economia e delle Finanze, 0,44% di azioni alla SIAE). Non si può tifare per il libero mercato a corrente alternata.
Perché dietro nomi gradevoli come “servizio pubblico” o “media company di servizio pubblico” (termine che tanto piace al dg Antonio Campo Dall’Orto) si nasconde in realtà una “televisione di stato” finanziata da un’imposta che viene eufemisticamente chiamata “canone”.
Se volete il libero mercato nella contrattazione degli stipendi, accettate allora anche il libero mercato “alla fonte”: la Rai venga privatizzata e agisca sul mercato degli artisti come meglio crede. Finché sarà una tv di stato è automatico che il controllore imponga le proprie regole.