Se pensate che criticare Roberto Benigni (e la costituzione) sia un atto di lesa maestà, potete tranquillamente smettere di leggere questo post.
Partiamo però dalle note positive. Ascolti stratosferici: 12,6 milioni di spettatori e quasi il 44% di share. Realizzazione tecnica dello show più che buona.
Adesso quelle che per noi sono le dolenti note: sensazione di già visto e già sentito, troppo entusiasmo e racconto troppo agiografico dei 12 principi fondamentali della Costituzione Italiana.
Andiamo con ordine e argomentiamo. Non c’è niente da fare: più ossessionati da Berlusconi dei berlusconiani convinti, ci sono solo gli antiberlusconiani. Per il comico toscano, il Cavaliere sembra essere un chiodo fisso e finisce col cadere nel solito errore che imputa a Silvio di Arcore. Se è vero – come pare vero – che Berlusconi sfrutta la stessa “narrazione” da quasi 20 anni, altrettanto vero è che anche Benigni, negli stessi 20 anni, ha ripetuto le solite battute antiberlusconiane. Se il primo è stucchevole lo è anche il secondo.
Parlando della lunga intervista del Cavaliere da Barbara d’Urso, il “piccolo diavolo” ha la sensazione di vedere una replica di una trasmissione del 1994. Sarà forse vero, ma anche la prima mezz’ora de La più bella del mondo sembrava ripresa esattamente da TuttoBenigni 95. Quando nelle battute di un comico sai già dove si va a parare, prima che la frase sia terminata, c’è un problema… Il vero colpo di genio sarebbe stato evitare persino di citare Berlusconi, però sarebbe chiedere troppo!
Ma, per quanto ripetitivo e poco originale, il monologo sulla politica e su Berlusconi rimane comunque piuttosto godibile e frizzante. Le note dolenti arrivano quando dall’attualità si passa alla costituzione. Qui il torpore rischia di avvolgere anche il pubblico più impegnato.
Partiamo con un’ammissione di “colpa”. Se Benigni crede che la costituzione italiana sia “la più bella del mondo”, chi scrive crede esattamente il contrario e lo ritiene un testo poco incisivo frutto di un difficile compromesso al ribasso tra la componente democristiana e laica e quella comunista.
Ma Robertaccio crede davvero che la nostra costituzione sia “la più bella del mondo” e ne viene fuori una narrazione alquanto agiografica e priva di spunti e riflessioni critiche. Benigni ci racconta i 12 principi fondamentali come una sorta di comandamenti laici per una religione civile da condividere senza se e senza ma.
Personalmente preferiamo ragionamenti articolati rispetto a celebrazioni acritiche. Il metodo usato per raccontare la costituzione è quello che Benigni ha già usato per la Divina Commedia e per l’Inno di Mameli (Sanremo 2011). Ma il risultato è ben diverso. Col Sommo Dante l’operazione è, se vogliamo, più semplice; la grandezza poetica della Commedia è coinvolgente e travolgente. Anche le storie eroiche che si ricollegano all’Inno di Mameli hanno in sè una grande forza ideale e quasi epica.
Con la costituzione la situazione è differente. Per quanto Benigni si sforzi, la bellezza estetica e poetica manca alla nostra carta. Si può apprezzare l’entusiasmo con cui Roberto ci racconta la costituzione ma ci risulta difficile condividerlo in pieno. In questo Benigni è davvero geniale riuscirebbe ad affascinare anche “narrando” una circolare ministeriale scritta in burocratese puro…
Il soggetto (Benigni) c’era, l’oggetto (la costituzione) lasciava un po’ a desiderare. E la trasmissione ne ha risentito perdendo ritmo. Chi voleva qualcosa di più frizzante, ieri sera doveva sintonizzarsi su Rete 4 dove Quinta Colonna ha ospitato un mitico scontro tra Cicciolina e Daniela Santanchè!
Comunque Rai 1 ha vinto, come era prevedibile, la sua scommessa. Benigni doveva essere la risposta della tv di stato al Celentano di Mediaset: il Molleggiato si era fermato a 9 milioni di spettatori mentre il premio Oscar ha superato i 12. E adesso, felici e contenti, ricordatevi di pagare il canone Rai, la scadenza è vicina! Il bastone e la carota…