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Cosa cambia in tv dopo Celentano?

Cosa cambia in televisione, e come cambia la televisione stessa, dopo il ciclone Adriano Celentano? La domanda può apparire o troppo pretenziosa o troppo ingenua. Ma sicuramente una riflessione in merito non è peregrina. 


Partiamo da un fatto. Mediaset, per la sua natura di tv commerciale, fonda la sua linea editoriale su prodotti seriali (spesso di lunga serialità) che siano in grado di coinvolgere e affezionare il pubblico. Finora “eventi” simili a RockEconomy si erano visti solo in Rai. Era ancora da dimostrare che la scelta di puntare su un tale prodotto in una tv commerciale fosse una mossa vincente. E invece Celentano ha dimostrato che la strada “dell’evento” è percorribile anche su un network privato che, per storia e per identità, fonda il suo successo su prodotti che si ripetono nel tempo. I dati di ascolto delle sue serate stanno lì a dimostrarlo (qui trovi i dati di ascolto della seconda puntata, qui quelli della prima).

Scrive Maria Volpe sul Corriere della Sera di stamani:

Non lo ammetteranno mai in Rai, ma quei 9 milioni bruciano. Adriano Celentano non aveva mai messo piede a Mediaset. La prima scelta per Adriano era stata Viale Mazzini, nonostante a Sanremo si fosse rotto l’idillio tra i vertici Rai (direttore Lorenza Lei in testa) e l’artista. Pare ci fosse già la trattativa in corso, quando a giugno arrivò lo stop di Giancarlo Leone, direttore Intrattenimento Rai, che non intendeva spendere troppi soldi (pare che Celentano avesse chiesto 750 mila euro a serata). Chissà se oggi, alla luce dei 9 milioni di telespettatori e di spot pagati bene, Leone si è pentito. Per ora si è complimentato con Adriano e ha detto: «Ci auguriamo anche noi di avere il nostro evento, probabilmente con Benigni».


Se dunque in Rai avrebbero motivi per “piangere”, chi è che può – a buon diritto – “ridere”? Prendiamo in prestito le parole che Gregorio Paolini scrive sul suo blog Glenville:

dentro Mediaset, Alessandro Salem [Direttore Generale Contenuti di R.T.I.] guadagna un punto; Lucio Presta mette in saccoccia un altro successo (aspettando Benigni su RaiUno); e Mazzi si prende la rivincita rispetto al dopo-Sanremo. La scelta della ex dirigenza Rai – rifiutare il concerto, che era stato proposto a costo zero tranne le riprese – non sembra sia stata lungimirante. Per Mediaset, invece, è un segnale (per ora effimero): può riacquistare centralità se rottama un po’ del passato prossimo, si rinnova e allunga la strada per Arcore.

La risposta migliore alla domanda del nostro post, arriva da un commento di Maurizio Caverzan sul Giornale di oggi:

Episodio isolato o inizio di una nuova stagione? Ora la palla passa ai vertici di Mediaset. Intanto una cosa è certa: Rock Economy ha ridato a Canale5 una centralità mediatica e politica che da tempo non aveva.


Caverzan mette in evidenza quello che anche noi abbiamo scritto in questo post: la peculiarità “dell’evento Celentano” all’interno dei palinsesti Mediaset. Scrive sul Giornale:

A differenza della Rai, Mediaset non ha mai costruito i palinsesti sugli eventi, ma sulla continuità dei risultati. E probabilmente proseguirà a fare così. Ma ora Canale 5 è accesa come raramente è stata nel recente passato. Chissà che cosa ne penserà il suo fondatore.

Secondo Caverzan, RockEconomy su Canale 5 ha inferto un duro colpo a un certo bipolarismo politico-televisivo:

Celentano ha trascorso un’intera esistenza dentro la Rai. Festival  di Sanremo, varietà, Fantastici e show apocalittici vari. Ma l’ultimo capitolo della sua biografia televisiva va in scena su una rete del Biscione, peraltro spesso oggetto dei suoi strali. Se non è una piccola rivoluzione copernicana, ci siamo vicini. […]  Celentano […] è il nemico storico. L’antagonista. Anche antropologicamente, il più lontano dal dna Mediaset.


Caverzan afferma che si è rotto l’argine, il muro del duopolio. A riprova cita, come esempio minore, anche il “berlusconiano doc” Flavio Briatore impegnato su Cielo (Sky Italia). Se il bipolarismo politico viene meno, in Italia, si modifica anche il sistema televisivo:

Siamo nell’èra dei tecnici. Il linguaggio comune è quello dell’economia. Bisogna fronteggiare tutti insieme la crisi globale. E se, di conseguenza, il bipolarismo politico si sfarina, logico che anche la geografia del sistema televisivo si modifichi.

Caverzan conclude il suo pezzo con un interessante interrogativo:

Che fare? Fermarsi qui o inaugurare davvero la nuova stagione della tv trasversale? In giro c’è gente del calibro di Fiorello e Corrado Guzzanti. Chissà cosa penserà il fondatore di Mediaset…

Leggi anche il nostro commento su RockEconomy: Celentano convince: meno sermoni, più canzoni

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