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Report, puntata del 14 novembre 2016

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Lunedì 14 novembre 2016, alle 21.30 su Rai3, nuovo appuntamento con Report di Milena Gabanelli (che ha annunciato il suo addio al programma). 


La prima inchiesta è “Le frazioni di Prosecco”, firmata da Bernardo Iovene. Nella zona Doc e Docg si producono circa cinquecento milioni di bottiglie di Prosecco, un successo mondiale del vino storicamente prodotto in Veneto, tra Conegliano e Valdobbiadene. Ma lo spumante che oggi viene bevuto nel mondo prende il nome da Prosecco, una piccola frazione che nasce sul costone carsico del comune di Trieste. Dal 2009 un decreto ministeriale ha stabilito che l’uva chiamata prosecco per legge sin dal 1969 dovesse cambiare nome e diventare glera. Il cambio di denominazione venne definito dai produttori locali un’operazione intelligente. Dal giorno dell’entrata in vigore del regolamento, infatti, al di fuori dalle nove province a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, nessuna azienda ha mai più potuto produrre spumante da quel vitigno e venderlo con l’etichetta di “prosecco”. L’enorme richiesta di mercato e il business delle bottiglie in crescita hanno inevitabilmente determinato un’espansione delle vigne in tutto il Veneto, e il rovescio della medaglia sono le colture intensive, con trattamenti spinti, che arrivano a ridosso di case, scuole, strade. Quello che si è rivelato un affare per i veneti, per gli abitanti di Prosecco invece si è trasformata in una beffa. Nella frazione triestina che si trova sull’altopiano carsico, coltivare la vite è complicato. Per questo, i viticoltori di Prosecco nel 2009 hanno chiesto dei finanziamenti per avviare i vigneti sul loro territorio.A oggi il protocollo di intesa che hanno firmato in cambio dell’utilizzo del nome con il ministero e la Regione è stato disatteso. Per questo gli abitanti di Prosecco chiedono delle royalty su ogni bottiglia venduta altrimenti sono pronti a fare battaglia per impedire da parte di altri l’utilizzo del nome della loro frazione.


“La via dei farmaci” di Luca Chianca è, invece, dedicata ai fatturati del mercato dei farmaci. A causa dei brevetti il mercato dei farmaci raggiunge fatturati da capogiro. Una sola confezione con ventotto compresse di antiepatite C può costare ventisettemila euro, il trattamento completo non meno di sessantamila. Così c’è chi si va a curare in India con generici che costano meno di mille euro, mentre in Italia c’è chi ha messo a segno furti milionari presso le farmacie ospedaliere: solo nel 2016, sempre per lo stesso farmaco, il Servizio sanitario nazionale ci ha rimesso ben 2,6 milioni di euro. A essere rubati, dal Sud al Nord Italia, ci sono anche altri centinaia di farmaci che vengono riciclati in Nord Europa e, in molti casi anche presso le nostre farmacie. Ma qual è il rischio per i pazienti? Nel corso dell’ inchiesta sono stati intervistati farmacisti e distributori farmaceutici italiani che poche settimane dopo l’ intervista sono stati arrestati con l’accusa di aver rivenduto farmaci rubati in Germania, attraverso un complicato sistema di società aperte nell’Est Europa.

Infine, per la rubrica “Onore al merito” focus di Giulio Valesini su “I direttori generali”. L’Università La Sapienza di Roma è il più grande ateneo d’Europa. Nelle sue aule si forma la futura classe dirigente. A capo dell’amministrazione da quindici anni è il direttore generale Carlo Musto D’Amore, 68 anni, senza una laurea ma con un diploma di geometra. Le vicende dell’ateneo sono da sempre legate a quelle del policlinico Umberto I, il primo ospedale universitario in Italia. Il direttore generale è Domenico Alessio, 77 enne, anche lui pensionato, è stato nominato dall’ex rettore della Sapienza, Luigi Frati, e dall’ex presidente della Regione, Renata Polverini. Da anni, tra l’Università Sapienza e il policlinico Umberto I c’è un braccio di ferro sui conti: Domenico Alessio sostiene e scrive nel bilancio dell’ospedale che il policlinico ha un credito di 300 milioni di euro con La Sapienza. Ma l’altro direttore generale, Musto D’Amore, dice che sbaglia a fare i conti e che il bilancio dell’Università è a posto. Chi dei due manager pensionati ha ragione?

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