Sul Corriere della Sera di stamani, Aldo Grasso fa una condivisibile riflessione sul servizio pubblico televisivo e mette nero su bianco riflessioni scomode ma estremamente calzanti.
La riflessione parte da un una domanda retorica:
E se (il servizio pubblico) fosse solo una formidabile finzione retorica, una di quelle favole belle che consentono ai governanti di collocarsi nella posizione di saggi?
E poi la frase più forte ma anche estremamente reale, un’affermazione scomoda che ci invita ad aprire gli occhi sul tanto decantato servizio pubblico:
Nonostante si faccia una grande fatica ad ammetterlo, l’idea di servizio pubblico affonda le sue radici nei totalitarismi europei (comunismo, fascismo, nazismo…), quando, entrando nella modernità, i governi decisero di sfruttare la grande potenza dei media (radio e cinema) con un controllo diretto.
Per avvalorare questa tesi, Grasso cita anche il caso – opposto – del mercato televisivo americano: gli USA, non avendo mai conosciuto un regime dittatoriale, non hanno mai sentito l’esigenza di sviluppare un concetto simile al servizio pubblico. Il concetto di servizio pubblico in Europa rischia di sembrare:
una forma di dispotismo illuminato, un’ambizione politica, una «favola» al «servizio» non del pubblico ma dello stato.
Oggi l’idea di servizio pubblico pare “fragile e sfuggente”, forse “irrilevante” e le televisioni pubbliche europee non sono state in grado di creare una “cultura europea”. I sostenitori dell’utilità del servizio pubblico, a questo punto, sono sempre pronti a tirare fuori la carta (che sembra buona per tutte le stagioni) della Bbc come istituzione di garanzia e di qualità. Grasso, però, a ragione, sottolinea come la televisione di qualità sia paradossalmente nata negli Stati Uniti della libera concorrenza e in cui è mancato il monopolio televisivo statale.