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Gli attori italiani e il poco “rispetto” per le serie tv

Le morte di Claudia Mares e l’addio (definitivo?) di Simona Cavallari a Squadra Antimafia-Palermo Oggi, è solo l’ultimo di tanti “casi” che hanno reso orfane dei loro protagonisti le serie tv italiane più amate. 


Cominciamo la nostra riflessione facendo un paragone con le serie tv americane. Le differenze tra i prodotti statunitensi e quelli italiani sono moltissime: la scrittura, la narrazione, la trama e la caratterizzazione dei personaggi. Ma soprattutto, ad essere profondamente diverso, è il modello produttivo dei serial. In Italia le serie vengono girate, post prodotte e solo successivamente mandate in onda (quasi mai per tutta la stagione ma solo per una parte di essa). Talvolta il tempo tra la fine delle riprese e il passaggio in tv è molto ampio. Dopo la messa in onda le reti decidono se rinnovare la serie per un’ulteriore stagione. Solo a quel punto riparte la scrittura e successivamente si riprende a girare. Quasi mai una stagione successiva va effettivamente in onda l’anno successivo, più frequentemente viene trasmessa nell’anno televisivo ancora successivo.

In Usa la prassi è completamente diversa. Si produce un pilot (che va in onda) o un numero zero (visionato dai dirigenti dei network). A quel punto si decide se ordinare l’intera stagione (20-24 episodi), una mid-season (10-15 episodi) oppure scartare il prodotto. Una volta che si sceglie di mettere in onda una serie, ogni settimana viene trasmesso un episodio da 40-45 minuti. La messa in onda di una season è spalmata su tutta la stagione televisiva e la produzione non è “a priori” ma le registrazioni sono solo qualche settimana in anticipo rispetto alla messa in onda (per esempio, in questo periodo si staranno girando le puntate che andranno in onda, più o meno, a dicembre). E’ una sorta di messa in onda “in differita” rispetto alle registrazioni e alla scrittura. Verosimilmente a ottobre, le ultime puntate della serie non sono state ancora scritte e sceneggiate, anche se sarà ben chiaro agli autori il soggetto della storia e dove si andrà a parare nel finale.


In primavera (talvolta anche prima) i network decidono se rinnovare la serie per un’ulteriore stagione. Ciò permette, in molti casi, di poter chiudere degnamente una serie sapendo che si sta scrivendo l’ultima puntata in assoluto.

Il modello produttivo americano permette anche dei cambiamenti in corsa. Se un personaggio risulta particolarmente amato, negli episodi successivi gli verrà dato più spazio etc…

Da questa analisi si comprende come il modello Usa sia molto più intensivo di quello italiano (in pratica, nel caso americano, gli attori delle serie sono impegnati sul set come Maria De Filippi o Carlo Conti sono impegnati, per tutta la stagione, col loro programma).

Nonostante questo, gli attori delle serie americane (per lo meno i protagonisti) sono più “fedeli” di quelli italiani. Hugh Laurie è stato per 8 anni il Dottor House, le casalinghe di Desperate Housewives sono state a Wisteria Lane per 8 anni e così via…


Nelle serie americane se un personaggio muore o esce di scena (o rientra in scena) è quasi sempre per esigenze di copione, per motivi legati alla narrazione. In Italia accade quasi sempre al contrario: sono i copioni a piegarsi alle esigenze degli attori che spesso decidono di lasciare il ruolo per affrontare nuove esperienze lavorative.

L’elenco degli attori italiani che hanno deciso di lasciare le serie tv che hanno dato loro fama e popolarità per intraprendere nuovi impegni lavorativi (perchè “quel personaggio sta loro stretto”), sarebbe lunghissimo (in foto abbiamo messo solo alcuni esempi).

Questo atteggiamento ci pare una forma di poco rispetto nei confronti della fiction televisiva. Gli attori americani dimostrano, invece, molta più professionalità.

Gli attori italiani che decidono di lasciare la serie di cui sono protagonisti non sembrano curarsi troppo del pubblico che li apprezza e soprattutto della narrazione. Infatti la storia soffre quasi sempre nel momento in cui un personaggio, a cui lo spettatore è affezionato viene meno.


Capiamo l’esigenza dell’attore di misurarsi con nuove esperienze lavorative. E’ una scelta comprensibile e che fa loro onore. Ma non chiediamo molto… chiediamo solo che abbiano la stessa sensibilità che dimostrano i loro omologhi americani (che si impegnano per un numero di serie molto più alto e sperano sempre che il prodotto venga rinnovato per la stagione successiva).

Certo, anche nel panorama italiano non mancano gli attori protagonisti della lunga serialità che mantengono la loro posizione (un esempio per tutti, Terence Hill in Don Matteo) ma la gran parte degli interpreti italiani dovrebbe smettere di pensare alle serie tv come una porta girevole da cui uscire e rientrare a piacimento. Basterebbe comprendere l’importanza di questo genere di prodotto che (nel modello Usa) ha ormai raggiunto la stessa dignità della letteratura ed è, narrativamente parlando, più importante, ormai, del cinema.

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